Centinaia di cercapersone usati dai membri di Hezbollah, l’organizzazione libanese paramilitare islamista, sono esplosi simultaneamente martedì pomeriggio in varie regioni del Libano e della Siria. Le vittime accertate, per il momento, sono 11 (sei i membri di Hezbollah), tra cui il figlio di un deputato libanese e una bambina di 10 anni: ma il bilancio dei feriti è gravissimo, sono più di 4000 le persone coinvolte e il numero delle vittime potrebbe aumentare vertiginosamente.
Un attacco del genere non si era mai visto. Secondo fonti libanesi, tra cui la National News Agency (NNA), sarebbe stato orchestrato da Israele che avrebbe fatto esplodere i dispositivi a distanza tramite un messaggio o una chiamata: Hezbollah utilizza i cercapersone per le comunicazioni fra i suoi membri poiché ritiene che questi non siano rintracciabili da Israele.
Un esperto di munizioni, rimasto anonimo, ha dichiarato a BBC News che i dispositivi potrebbero essere stati manomessi con circa 20 grammi di esplosivo in finti componenti elettronici. Per ora, comunque, non ci sono certezze su come sia stato possibile organizzare il cyber-raid: Israele non ha rivendicato l’attacco hacker, ma non ha nemmeno replicato alle accuse.