La sclerosi multipla solo in Italia colpisce oltre 137mila pazienti e fa registrare ogni anno più di 3.600 nuovi casi.
Una nuova terapia orale, Ozanimod, come dimostrato dagli studi registrativi, è in grado di prevenire l’atrofia celebrale, una delle conseguenze più nefaste della patologia e ha dimostrato un vantaggio del 30% nel ridurre la perdita di volume celebrale rispetto all’interferone Beta 1a.
In questo modo è possibile limitare un danno d’organo irreversibile e limitare la disabilità. E’ quanto emerso in occasione di una conferenza stampa virtuale con la partecipazione di alcuni dei massimi esperti italiani.
“La sclerosi multipla è una patologia autoimmune in cui il nostro sistema immunitario attacca la guaina mielinica che ricopre i nervi – spiega Paola Cavalla, responsabile Centro Sclerosi Multipla, AOU Città della Salute e della Scienza di Torino -. In particolare, la forma recidivante-remittente, la più frequente al momento della diagnosi, si distingue per l’alternanza di fasi, della durata imprevedibile. Può inoltre associarsi un’infiammazione interna al sistema nervoso centrale che è talora associata a deficit cognitivi”. L’instaurarsi del deterioramento cognitivo “è correlato all’atrofia cerebrale che nel paziente con sclerosi multipla risulta accelerata rispetto a quella indotta dai normali processi fisiologici legati all’invecchiamento – sottolinea Matilde Inglese, responsabile Centro Sclerosi Multipla, Irccs Ospedale Policlinico San Martino, Genova -. La perdita di volume del cervello è dovuta sia al processo infiammatorio che a quello degenerativo che si instaura fin dalle fasi precoci della malattia. Si tratta di un fenomeno estremamente pericoloso e dal quale non si può tornare indietro, è perciò indispensabile agire precocemente con trattamenti in grado di rallentare questo processo così da ottenere vantaggi molto importanti sia in termini clinici che di riduzione della disabilità motoria e cognitiva”. Il nuovo farmaco, precisa Roberta Lanzillo, Professoressa Associata presso il dipartimento di Neuroscienze dell’Università Federico II, Napoli, “è indicato per il trattamento della sclerosi multipla recidivante-remittente in fase attiva, che rappresenta circa l’85% di tutti i casi”.
Secondo una analisi preliminare dello studio Enlighten ancora in corso, il 47% dei pazienti con malattia recidivante, dopo un anno di trattamento, ha ottenuto un miglioramento clinico significativo delle funzioni cognitive. La terapia “ha dimostrato un buon profilo di efficacia e sicurezza nel lungo termine – sostiene Eleonora Cocco, Professoressa Ordinaria di Neurologia presso l’Università di Cagliari -. Gli ultimi dati a otto anni di trattamento evidenziano come il 76% dei pazienti sia libero da progressione della disabilità e l’87% non presenti attività di progressione indipendente dalle recidive, entrambi indicatori di progressione di malattia e di disabilità permanente nella sclerosi multipla”.