Carceri e contrasto alla povertà educativa minorile, presentato a Napoli il progetto “Chiavi di libertà”

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NAPOLI. In un periodo storico dove la violenza minorile è in aumento con giovani che camminano armati di coltelli e pistole, c’è anche chi intende attuare un modello di presa in carico personalizzato dei minori figli dei detenuti di due Istituti penitenziari del territorio campano: il Carcere di S. M. Capua Vetere e il Carcere di Secondigliano. Si tratta del progetto “Chiavi in libertà”. Le critiche condizioni delle carceri italiane incidono non solo sulla dignità e sulla qualità di vita dei detenuti, ma queste si riflettono anche sui rapporti familiari, soprattutto sui bambini che hanno un genitore in regime detentivo e vivono in una condizione di povertà educativa. L’obiettivo del progetto è quello di promuovere un sano processo di crescita e integrazione sociale dei figli dei detenuti, garantendo la continuità del loro legame affettivo con i genitori, attivando una serie di azioni “Chiave” che, tutte insieme, vanno a comporre le “Chiavi di Libertà”. Si tratta di sei azioni necessarie per rendere concreti e fruibili i diritti enunciati nella Carta dei Diritti dei Figli dei Detenuti. Gli ambiti individuati dalla Carta –  Ambiente, Affettività e Legami, Supporto Socio-educativo e Formativo rivolto ai detenuti, Inclusione ed infine Formazione –  sono le aree in cui verranno attivate le Chiavi di Libertà del progetto che è già in fase operativa. Il progetto è stato presentato oggi nel corso di una conferenza stampa presso l’istituto dei Salesiani di via Don Bosco a Napoli. La discussione è stata moderata dal giornalista Giovanni Rinaldi e sono intervenuti uomini e donne sempre in prima linea nella lotta per la promozione e la crescita integrativa dei giovani. Marina Albanese, direttrice centro LUPT., dichiara: «E’ un progetto che si inquadra in un’attività più ampia di formazione dei più piccoli. Andrebbe ripensato il programma dei bambini in carcere». Giuseppe Acocella rettore dell’Università Telematica Giustino Fortunato, afferma: «Da anni portiamo avanti delle attività per i bambini in carcere insieme a Telefono Azzurro». Presente anche il presidente del Tribunale di Napoli Nord, Pierluigi Picardi che spiega: «Questo progetto individua e determina le ragioni del disagio giovanile». Parole importanti anche da parte di Giulia Russo, direttrice del carcere di Secondigliano: «Il progetto si inserisce in un contesto più ampio. Bisogna far dialogare mondi molto lontani». È intervenuto anche il Garante dei detenuti, Samuele Ciambriello che si è soffermato in particolare sul recupero dei minori in carcere: «In Italia ci sono 3792 minori in carcere, molti di questi dopo aver scontato la condanna, ritornano in carcere perché non riescono a reintegrarsi nella società civile». Presenti alla conferenza anche il direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale, Ettore Acerra, il sacerdote Don Tonino Palmese, da tanti anni impegnato sul fronte anticamorra, don Fabio Bellino, direttore  dell’Istituto Salesiano don Bosco e Roberto Scopece, presidente Telefono Azzurro CAM. Tanti, inoltre, i partners che hanno illustrato il progetto ed il complesso mondo nel quale si cerca di intervenire.

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